Importante vittoria in Cassazione di una cittadina brindisina utente Adoc contro Giudici leccesi. - Le spese legali devono essere liquidate in caso di soccombenza.
Una importantissima sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione - Sezione Civile n° 6410 del 2016 che senz’altro avrà risvolti su tutto il territorio nazionale.
La vicenda inizia nel lontano 2011 quando una cittadina brindisina P.P. propone ricorso avverso un verbale di contravvenzione elevato mediante VistaRed dal Comune di Lizzanello che viene accolto dal Giudice di Pace di Lecce il quale, però, senza nessuna motivazione, compensa integralmente le spese di giudizio.
Gli Avv.ti Elia e Masi, pur avendo vinto in primo grado, ricorrono in appello limitatamente alle competenze legali sostenendo un principio semplice ma purtroppo molto spesso disatteso dalla Magistratura. La compensazione delle spese di lite di fatto non comporta alcun beneficio per il ricorrente che pur avendo ottenuto l’annullamento della contravvenzione si vede costretto a pagare le spese legali ed il contributo unificato che, come nel caso di specie, superano il valore stesso della multa.
Ed invero, il Giudice di prime cure aveva dato ragione all’automobilista essendo l’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento dell’infrazione non conforme alla legge ma aveva però annullato la multa compensando integralmente le spese. Così facendo, se da un lato è vero che l’utente Adoc non ha dovuto pagare la sanzione pecuniaria, dall’altro ha dovuto, di fatto, pagare le spese del contributo unificato di € 43,00 oltre alle spese legali.
In buona sostanza, pur in presenza di una vittoria si è realizzata una vera e propria “sconfitta” dovuta al fatto che se l’utente si fosse limitato a pagare la sanzione avrebbe risparmiato!
Il cittadino, infatti, si trova costretto a subire un torto od un’ingiustizia dinanzi alla possibilità di non ottenere una sentenza che rimborsi anche le spese sostenute per il giudizio. Si tratta, in altre parole, di una palese violazione sia dell’art. 24 Cost. comma 1, il quale garantisce la tutela giurisdizionale anche attraverso il rigoroso rispetto della legalità processuale, sia del fondamentale principio secondo cui il processo non deve andare a danno della parte che ha (avuto) ragione.
Tali motivazioni sono state valorizzate anche in secondo grado dinanzi al Tribunale di Lecce che per la seconda volta ha dato torto alla cittadina brindisina condannandola peraltro anche al pagamento di un’ingente somma a titolo di spese legali.
Avverso l’assurda decisione dei Giudici leccesi la Sig.ra P.P. proponeva ricorso per Cassazione tramite il Prof. Avv. Vincenzo Farina e l’Avv. Danilo Di Serio abilitati alle Magistrature superiori che ribadivano nel ricorso al Giudice della nomofilachia quanto già valorizzato dagli Avv.ti Elia e Masi in primo e secondo grado.
Con sentenza depositata in data 01 aprile 2016 la Suprema Corte ha testualmente stabilito che “il principio generale (art. 91 c.p.c.) che il costo del processo è a carico del soccombente e che il Giudice per giusti motivi (art. 92 c.p.c.) ha il potere di compensare le spese comporta che anche detto potere di compensazione (impropriamente definito discrezionale) debba essere adeguatamente motivato (art. 111, 6° comma, Cost.).
Nella fattispecie, non vi è una soccombenza reciproca che giustifica la compensazione delle spese né sono evidenti particolari motivi in tal senso tenuto conto del principio di causalità e dell’accoglimento dell’opposizione. Donde l’accoglimento del ricorso, con cassazione e rinvio…PQM…La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Lecce in persona di altro Magistrato”.
Alla luce della inconfutabile sentenza emessa dalla Corte di Cassazione che ha sposato pienamente le argomentazioni della cittadina brindisina, i Giudici leccesi dovranno rivedere le proprie decisioni peraltro già più volte stigmatizzate dai legali dell’Adoc.
Una importantissima sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione - Sezione Civile n° 6410 del 2016 che senz’altro avrà risvolti su tutto il territorio nazionale.
La vicenda inizia nel lontano 2011 quando una cittadina brindisina P.P. propone ricorso avverso un verbale di contravvenzione elevato mediante VistaRed dal Comune di Lizzanello che viene accolto dal Giudice di Pace di Lecce il quale, però, senza nessuna motivazione, compensa integralmente le spese di giudizio.
Gli Avv.ti Elia e Masi, pur avendo vinto in primo grado, ricorrono in appello limitatamente alle competenze legali sostenendo un principio semplice ma purtroppo molto spesso disatteso dalla Magistratura. La compensazione delle spese di lite di fatto non comporta alcun beneficio per il ricorrente che pur avendo ottenuto l’annullamento della contravvenzione si vede costretto a pagare le spese legali ed il contributo unificato che, come nel caso di specie, superano il valore stesso della multa.
Ed invero, il Giudice di prime cure aveva dato ragione all’automobilista essendo l’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento dell’infrazione non conforme alla legge ma aveva però annullato la multa compensando integralmente le spese. Così facendo, se da un lato è vero che l’utente Adoc non ha dovuto pagare la sanzione pecuniaria, dall’altro ha dovuto, di fatto, pagare le spese del contributo unificato di € 43,00 oltre alle spese legali.
In buona sostanza, pur in presenza di una vittoria si è realizzata una vera e propria “sconfitta” dovuta al fatto che se l’utente si fosse limitato a pagare la sanzione avrebbe risparmiato!
Il cittadino, infatti, si trova costretto a subire un torto od un’ingiustizia dinanzi alla possibilità di non ottenere una sentenza che rimborsi anche le spese sostenute per il giudizio. Si tratta, in altre parole, di una palese violazione sia dell’art. 24 Cost. comma 1, il quale garantisce la tutela giurisdizionale anche attraverso il rigoroso rispetto della legalità processuale, sia del fondamentale principio secondo cui il processo non deve andare a danno della parte che ha (avuto) ragione.
Tali motivazioni sono state valorizzate anche in secondo grado dinanzi al Tribunale di Lecce che per la seconda volta ha dato torto alla cittadina brindisina condannandola peraltro anche al pagamento di un’ingente somma a titolo di spese legali.
Avverso l’assurda decisione dei Giudici leccesi la Sig.ra P.P. proponeva ricorso per Cassazione tramite il Prof. Avv. Vincenzo Farina e l’Avv. Danilo Di Serio abilitati alle Magistrature superiori che ribadivano nel ricorso al Giudice della nomofilachia quanto già valorizzato dagli Avv.ti Elia e Masi in primo e secondo grado.
Con sentenza depositata in data 01 aprile 2016 la Suprema Corte ha testualmente stabilito che “il principio generale (art. 91 c.p.c.) che il costo del processo è a carico del soccombente e che il Giudice per giusti motivi (art. 92 c.p.c.) ha il potere di compensare le spese comporta che anche detto potere di compensazione (impropriamente definito discrezionale) debba essere adeguatamente motivato (art. 111, 6° comma, Cost.).
Nella fattispecie, non vi è una soccombenza reciproca che giustifica la compensazione delle spese né sono evidenti particolari motivi in tal senso tenuto conto del principio di causalità e dell’accoglimento dell’opposizione. Donde l’accoglimento del ricorso, con cassazione e rinvio…PQM…La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Lecce in persona di altro Magistrato”.
Alla luce della inconfutabile sentenza emessa dalla Corte di Cassazione che ha sposato pienamente le argomentazioni della cittadina brindisina, i Giudici leccesi dovranno rivedere le proprie decisioni peraltro già più volte stigmatizzate dai legali dell’Adoc.