Liste di attesa lunghe e inammissibili disparita' di trattamento. Forum ambiente salute e sviluppo: nella sanita’ e’ questo il problema cruciale
Il segretario regionale del CIMO (sindacato dei medici), dott. Arturo Oliva, è insorto in una recente intervista contro la nostra nota che denunciava la lunghezza delle liste di attesa per prestazioni sanitarie e faceva propria la presa di posizione del presidente della Regione Toscana per l'abolizione della attività libero-professionale dei dirigenti medici. Rispettiamo le critiche del sindacato dei medici e le consideriamo utili in quanto consentono di mettere meglio a fuoco certi gravi problemi, ma consideriamo ingenerosa le sortita del dott. Oliva che definisce "esclusivamente ideologica" la nostra scelta dando a questa qualificazione un significato chiaramente spregiativo. Ma è lo stesso segretario del CIMO che in qualche modo ci assolve dalla sua accusa dal momento che egli, da una parte, esalta i pregi dell'intramoenia e, dall'altra, così si esprime: "il meccanismo che governa questo tipo di attività, qualora fosse applicato correttamente, non consente al privato di inficiare il servizio pubblico". Il che equivale a dire che se tale "meccanismo" non funziona (secondo noi perchè intrinsecamente inidoneo al fine che dovrebbe perseguire il "servizio pubblico") ne risulta gravemente inficiato econseguentemente ad ammettere che c'è un innegabile rapporto fra l’attività libero-professionale intramuraria e le liste di attesa.
Il dott. Oliva dice poi che gli interventi in libera professione portano soldi al servizio pubblico, che per ogni visita o esame il medico deve corrispondere almeno lo stesso numero di prestazioni e che l'abolizione dell'intramoenia comporterebbe l'impoverimento del SSN per l'uscita di "professionisti di alto livello". Si tratta invero di argomenti che, oltre a non essere sorretti da convincenti analisi e sicuri dati, non intaccano in alcun modo la ragione di fondo per la quale viene chiesta l'abolizione della libera professione per i medici del servizio sanitario nazionale. Vale a dire l'intollerabilità, alla luce di alcuni dettami costituzionali (principio di uguaglianza e tutela del diritto "fondamentale" alla salute), della disparità di trattamento nei tempi di attesa tra gli utenti che chiedono le prestazioni istituzionali e quelli che usufruiscono delle prestazioni a pagamento. E ciò perchè la tempestività o i ritardi nella erogazione delle prestazioni sanitarie hanno quasi sempre una decisiva incidenza sull'efficacia o meno delle prestazioni sanitarie (con esiti talvolta drammatici) e quindi in molti casi ne condizionano la stessa validità. Un problema che si appalesa in tutta la sua gravità ove si consideri, come è noto e innegabile, che nel SSN le prestazioni istituzionali hanno tempi di attesa molto più lunghi di quelli riguardanti la libera professione.
Diciamo allora al sindacato CIMO che il problema non è la concessione o meno della libertà di scelta del medico ma l'inammissibilità di stridenti discriminazioni fra le diverse liste di attesa. Così come sembra ingeneroso attribuire ai dirigenti medici definiti dal dott Oliva di "alto livello", (categoria peraltro di non facile identificazione) la voglia di fuggiredal SSN per ragioni di reddito qualora si mettesse fine alla libera professione e appare omissivo non considerare che in diversi casi sono i medici del SSN a trarre vantaggi, nell'esercizio della professione libera, dall'utilizzo delle qualificazioni dirigenziali riguardanti il ruolo da essi svolto nel servizio pubblico.
Su un punto siamo parzialmente d’accordo con il sindacato dei medici e cioè sul rilievo che le liste di attesa sono anche figlie “della inadeguatezza delle strutture pubbliche, sia in termini di tecnologie che di risorse umane” ed aggiungiamo che tale inadeguatezza è frutto delle politiche condotte in questi anni dai governi che hanno accettato il diktat dell’UE perché si riducesse ad ogni costo la spesa pubblica. Continuando così sarà impossibile migliorare con più adeguate tecnologie e più appropriati organici il servizio pubblico specialmente al Sud e remunerare adeguatamente il personale.
Lo scandalo dei tempi lunghi delle liste di attesa e della disparità di trattamento tra utenti di prestazione istituzionali e pazienti paganti in proprio, va quindi dalla politica affrontato con la massima determinazione visto che il sistema dei controlli si è dimostrato irrimediabilmente farraginoso e non in grado di sortire i risultati sperati.
Il segretario regionale del CIMO (sindacato dei medici), dott. Arturo Oliva, è insorto in una recente intervista contro la nostra nota che denunciava la lunghezza delle liste di attesa per prestazioni sanitarie e faceva propria la presa di posizione del presidente della Regione Toscana per l'abolizione della attività libero-professionale dei dirigenti medici. Rispettiamo le critiche del sindacato dei medici e le consideriamo utili in quanto consentono di mettere meglio a fuoco certi gravi problemi, ma consideriamo ingenerosa le sortita del dott. Oliva che definisce "esclusivamente ideologica" la nostra scelta dando a questa qualificazione un significato chiaramente spregiativo. Ma è lo stesso segretario del CIMO che in qualche modo ci assolve dalla sua accusa dal momento che egli, da una parte, esalta i pregi dell'intramoenia e, dall'altra, così si esprime: "il meccanismo che governa questo tipo di attività, qualora fosse applicato correttamente, non consente al privato di inficiare il servizio pubblico". Il che equivale a dire che se tale "meccanismo" non funziona (secondo noi perchè intrinsecamente inidoneo al fine che dovrebbe perseguire il "servizio pubblico") ne risulta gravemente inficiato econseguentemente ad ammettere che c'è un innegabile rapporto fra l’attività libero-professionale intramuraria e le liste di attesa.
Il dott. Oliva dice poi che gli interventi in libera professione portano soldi al servizio pubblico, che per ogni visita o esame il medico deve corrispondere almeno lo stesso numero di prestazioni e che l'abolizione dell'intramoenia comporterebbe l'impoverimento del SSN per l'uscita di "professionisti di alto livello". Si tratta invero di argomenti che, oltre a non essere sorretti da convincenti analisi e sicuri dati, non intaccano in alcun modo la ragione di fondo per la quale viene chiesta l'abolizione della libera professione per i medici del servizio sanitario nazionale. Vale a dire l'intollerabilità, alla luce di alcuni dettami costituzionali (principio di uguaglianza e tutela del diritto "fondamentale" alla salute), della disparità di trattamento nei tempi di attesa tra gli utenti che chiedono le prestazioni istituzionali e quelli che usufruiscono delle prestazioni a pagamento. E ciò perchè la tempestività o i ritardi nella erogazione delle prestazioni sanitarie hanno quasi sempre una decisiva incidenza sull'efficacia o meno delle prestazioni sanitarie (con esiti talvolta drammatici) e quindi in molti casi ne condizionano la stessa validità. Un problema che si appalesa in tutta la sua gravità ove si consideri, come è noto e innegabile, che nel SSN le prestazioni istituzionali hanno tempi di attesa molto più lunghi di quelli riguardanti la libera professione.
Diciamo allora al sindacato CIMO che il problema non è la concessione o meno della libertà di scelta del medico ma l'inammissibilità di stridenti discriminazioni fra le diverse liste di attesa. Così come sembra ingeneroso attribuire ai dirigenti medici definiti dal dott Oliva di "alto livello", (categoria peraltro di non facile identificazione) la voglia di fuggiredal SSN per ragioni di reddito qualora si mettesse fine alla libera professione e appare omissivo non considerare che in diversi casi sono i medici del SSN a trarre vantaggi, nell'esercizio della professione libera, dall'utilizzo delle qualificazioni dirigenziali riguardanti il ruolo da essi svolto nel servizio pubblico.
Su un punto siamo parzialmente d’accordo con il sindacato dei medici e cioè sul rilievo che le liste di attesa sono anche figlie “della inadeguatezza delle strutture pubbliche, sia in termini di tecnologie che di risorse umane” ed aggiungiamo che tale inadeguatezza è frutto delle politiche condotte in questi anni dai governi che hanno accettato il diktat dell’UE perché si riducesse ad ogni costo la spesa pubblica. Continuando così sarà impossibile migliorare con più adeguate tecnologie e più appropriati organici il servizio pubblico specialmente al Sud e remunerare adeguatamente il personale.
Lo scandalo dei tempi lunghi delle liste di attesa e della disparità di trattamento tra utenti di prestazione istituzionali e pazienti paganti in proprio, va quindi dalla politica affrontato con la massima determinazione visto che il sistema dei controlli si è dimostrato irrimediabilmente farraginoso e non in grado di sortire i risultati sperati.