FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO: LA NOSTALGIA DEL RIGASSIFICATORE: UNA SCELTA IMMOTIVATA IERI COME OGGI

martedì 1 marzo 2022
La guerra russo-ucraino ha ridato voce a quanti all’inizio degli anni 2000 sostennero la necessità della costruzione del rigasificatore nel porto di Brindisi, precisamente a Capo Bianco, a ridosso della zona industriale. Due grandi serbatoi per un totale 320.000 mc di GNL, a pochi metri dall’area petrolchimica, piena anch’essa di sostanze esplosive. (Per avere un termine di paragone, il deposito Edison a Costa Morena, se si farà, ne stoccherà quasi 20.000 - il “quasi” che ha evitato la VIA nazionale - e sarà anch’esso a meno di un chilometro dall’area industriale.) Almeno cento navi gasiere sarebbero arrivate nel porto di Brindisi ogni anno con impatto notevole sui restanti movimenti navali. Il progetto non vide la luce per diversi fattori: una forte opposizione popolare con tre grandi manifestazioni di piazza delle quali il Forum con la leadership di Michele Di Schiena fu protagonista, le amministrazioni locali e la Regione erano contrarie, la LNG non volle saperne di una localizzazione fuori dal porto (oggi costruisce invece impianti offshore in Albania), la magistratura sequestrò il sito per gravi irregolarità.
“Brindisi si sarebbe arricchita” sostiene oggi Massimo Ferrarese, all’epoca presidente della Provincia, se quell’opera si fosse realizzata. Ma è davvero così? Il 27 febbraio l’ANSA riportava questa notizia: “L'Italia è lontana da una situazione di allarme per le forniture di gas: lo stato di pre-allarme - chiariscono fonti del Mite - è, come accaduto per il freddo dell'inverno 2017, una misura di cautela che avvia "un monitoraggio costante della situazione energetica nazionale" ed "un riempimento dello stoccaggio anticipato" rispetto a quanto normalmente accade da primavera avanzata. Operatori del settore e Snam, come emerge da dati degli operatori, stanno riempiendo gli stoccaggi che sono oggi più pieni (38,5%) della media europea (29,7%); La domanda in Italia oggi è bassa e il gas in arrivo dalla Russia è più che ad inizio settimana.”

LaPress il 24 febbraio scriveva: “Abbiamo l’obbligo di riflettere sull’energy mix”, guardando al 2050 e al 2060 – dice il ministro Cingolani, riferendo in Aula alla Camera sull’impennata dei prezzi dell’energia – se no ci ritroviamo ogni tre quattro anni a dover mettere una toppa…..”. Questo per aprire a un bilanciamento energetico basato su una diversificazione delle fonti sia di energia che di origine, perché per esempio per il gas “siamo totalmente dipendenti dall’import”. Racconta di come sia “imprenscindibile accelerare sulle rinnovabili”, anche se questo non basterà al 2030, così come non basterà pensare all’inevitabilità del “gas come combustibile di transizione”. Se anche estraessimo con le trivellazioni tutto il gas “italiano”, ci basterebbe appena per un anno e mezzo!

Mentre si susseguono queste dichiarazioni, Edison a Porto Marghera sigla con Eni e Ansaldo un accordo per la produzione di idrogeno verde e blu, cioè dall’elettrolisi dell’acqua e dal gas rispettivamente. Inoltre analisti energetici già qualche anno fa dimostravano che “l’Europa, considerato un mercato di “ultima istanza” per le forniture internazionali di GNL, ha un importante capacità di rigassificazione di circa 215 mld. di mc/a, che risulta però ampiamente inutilizzata: con riferimento ai principali paesi di importazione, nel 2016 UK e Spagna hanno utilizzato i propri rigassificatori per il 21%, la Francia per il 36% e l’Italia per il 42%”. Il rigassificatore di Brindisi, che alla luce di questi dati non sarebbe stato per nulla necessario al paese sotto il profilo energetico, non avrebbe risolto la nostra dipendenza dall’estero: “paesi produttori ed esportatori di GNL sono 19: il Qatar è il maggior fornitore mondiale con il 30% del mercato. Altri importanti players sono Australia (16%),Malesia (9%), Indonesia (8%), Nigeria (7%).”
In questi giorni l’Enel si è aggiudicata contratti per 12,9 Gw su un totale di 41,5 GW assegnati validi per l’anno di consegna 2024. Di questa quantità 10,4 riguarda capacità esistente, 1 Gw di capacità estera e 1,5 di nuova capacità che verrà soddisfatta per oltre 2/3 da sistemi di accumulo a batteria. I sistemi di accumulo verranno sviluppati in Sardegna.

La scelta di non fare il rigassificatore all’interno del porto di Brindisi non fu sbagliata allora, per le considerazioni di sicurezza ed anche di totale asservimento del porto alle attività energetiche, e si conferma ancora sensata ai giorni nostri soprattutto alla luce della situazione geopolitica e climatica attuali, perché oggi sarebbe ridotto ad un impianto parzialmente utilizzato e non avrebbe risolto il problema della dipendenza dall’estero. 

Paradossalmente, se si dovessero seguire le fobie che si stanno alimentando in questi giorni sulla scarsità, ci potremmo trovare con il raddoppio del TAP in tandem con Poseidon, il metadonodotto che approderà a Otranto, la centrale a carbone di Cerano, il rigassificatore tanto caro a qualche nostalgico, le campagne devastate dal fotovoltaico e vaste foreste di pale eoliche a terra e soprattutto in mare. Una prospettiva speculativa di enorme portata devastatrice. Senza nessun vantaggio locale, né di caldo, né di freddo e neppure di energia elettrica a buon prezzo, sempre promesso nell’ultimo mezzo secolo prima della realizzazione di ogni megaimpianto e mai realizzatosi.

Certo, se il rigassificatore fosse stato costruito a Brindisi, qualcuno si sarebbe arricchito, ma non la grande maggioranza della popolazione di un’area il cui tessuto economico rimane povero nonostante la politica industriale dei megaimpianti che si continua a perseguire come unica soluzione e nonostante i danni sanitari ed ambientali subiti. Il reddito medio di questa provincia rimane tra i più bassi d’Italia, la metà di quello delle regioni del nord, e ciò senza alcuna tendenza al miglioramento dagli anni delle lotte al rigassificatore a tutt’oggi, ma piuttosto con una forte tendenza allo spopolamento. 

Ai produttori di energia si chieda, pertanto, da parte della politica di sviluppare le rinnovabili, in particolar modo di tipo diffuso, e l’accumulazione di energia così come sono impegnati a fare altrove. Ai cittadini si consenta di sviluppare l’autoproduzione ed il risparmio energetico con la moderna edilizia. Anche con la concentrazione delle rinnovabili non si diventa tutti più ricchi ma solo con la democrazia energetica, cioè con la produzione diffusa. A vent’anni dalle lotte contro il rigassificatore il tema della democrazia economica rimane sempre centrale.

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