…e bisognava salutarlo con la coppola in mano.
Il “cafone” Giuseppe (Peppino) Di Vittorio (Cerignola, 11 agosto 1892 – Lecco, 3 novembre 1957), il sindacato dei braccianti e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro: domenica 15 e lunedì 16 marzo in uno sceneggiato tv su Rai 1, in prima serata.
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Finalmente arriva in tv la fiction sulla vita di Giuseppe Di Vittorio, il sindacalista pugliese fondatore delle CGIL, l’eterno bracciante che organizzò negli anni ’20 in Puglia le grandi lotte contadine contro gli agrari sfruttatori. che ingaggiavano la manodopera nella piazza del paese offrendo pochi soldi e una ciotola di fave lesse a pranzo, nella mezz’ora di sosta, con una fetta di pane.
A quel tempo le leggi in favore dei lavoratori non venivano conquistate con raccolte di firme nei gazebo in piazza, bensì attraverso le lotte nei campi e nei vigneti, con attorno, pronti a sparare, gli equestri mazzieri degli agrari. Dure lotte combattute dai braccianti di Cerignola, Canosa, Spinazzola, Andria Corato ecc.
Poiché ne hanno scritto tutti i giornali, ed il film è stato presentato in anteprima alla Camera dei Deputati, non oserò qui tracciare un ritratto di Peppino Di Vittorio, fondatore del sindacato unitario CGIL, ma non ometterò di confidarvi che nel maggio 1946 –ero studentello di terza media- ebbi la ventura di ascoltare un comizio elettorale di Di Vittorio ad Altamura (Bari) in Piazza Castello, sgombrata dalle bancarelle del mercato.
Di Vittorio esortò gli altamurani a votare per la repubblica e il partito comunista ma tali preannunciate finalità emergevano dal suo discorso quale ovvia e logica discendenza più che come invito ideologico. Accanto a me il canonico don Francesco Jolis, amico di famiglia, assentiva tacitamente con eloquenti spostamenti della testa e alla fine del discorso mi disse “…io non posso votare comunista, lì ci sono gli atei…ma come parla Di Vittorio!…”. la sua ammirazione per Peppino era tutt’altro che recondita.
Purtroppo il sindacato unitario sarebbe di lì a poco andato in frantumi: Giulio Pastore (Genova, 17 agosto 1902 – Milano, 14 ottobre 1969) uscì dalla CGIL con tutta la corrente e fondò la “Libera CGIL” poi tramutatasi in CISL. La Democrazia Cristiana aveva la necessità di avere un sindacato fiancheggiatore e tutto il movimento risentì di questa penosa scissione che addolorò non poco Peppino: i lavoratori lasciavano l’unica barricata e si dividevano, per dannose ragioni ideologiche.
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Prima di concludere queste note con un collage di foto e dipinti, voglio sperare che riusciate a commuovervi: su una collina nei dintorni di Cerignola, davanti alla moltitudine di braccianti estasiati, Peppino giura sull’aratro eterna fedeltà alla appena costituita Lega contadina:
Stringe la mano del bracciante e promette che per tutta la vita continuerà a considerarsi tale, unito da un vincolo indistruttibile. Non fu certo per snobismo che Peppino ebbe la Carta d’Identità sulla quale era scritto il suo nome, cognome, data di nascita e “professione: bracciante” anche quando fu eletto nel 1946 all’Assemblea Costituente e nominato nella commissione dei 75 che materialmente la scrisse e mai volle far modificare questa dizione.
L’eterno bracciante ebbe un solo cappotto. Lo acquistò, dopo aver indossato la cappa contadinesca, nel 1927 e non ne comprò mai un altro.
ALFIO TARULLO
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C O L L A G E
Cerignola. La casa dove nacque e visse Peppino: un pianterreno di un solo vano.
LU MA PATRUNI (Ballata di anonimo)
Lu mà patruni guardignu stava - Il mio padrone in guardia stava
picchì mi sfruttava, e lu sapiva - perchè mi sfruttava, e lo sapeva
lu vastùni apprissu si purtava - il bastone appresso si portava
dùnni viniva e d’unni sinni iva - da dove veniva e dove se ne andava.
Lu sceccu cu la fami avia battaglia - L’asino alla fame faceva battaglia
avena e fìanu mancu ni vidìa - avena e fieno nemmeno ne vedeva
siddru nni vulìa mangiava paglia - se ne voleva mangiava paglia
ogni ragliata è un chiantu chì facìa. - ogni raglio è un pianto che faceva
La gaddrineddra si mangiava viarmi - La gallinella si mangiava vermi
ca si l’avia sunnari lu mancigliu - che se lo doveva sognare il mangime
lu cani unn’avia forza di sbadigliu - il cane nememno più sbadiglia
lu gattu mancu surci cchiù ti piglia - il gatto manco sorci più ti piglia.
Travagliavamu tutti a la canina - Lavoravamo tutti come cani
matina presti fina ca scurava - dalla mattina presto fino che scurava
lu mà patruni ‘ntantu s’arricchiva - il mio padrone intanto s’arricchiva
e sempri di cchiù ci addumannava - e sempre più ci richiedeva.
Arrispunnivamu tutti spavintati - Rispondevano tutti spaventati
“n’capu di nantri putiti cuntari” - “su di noi potete contare”
nni misimu a travagliari spidicati - ci mettemmo a lavorare spediti
unu ppi cinci si detti di fari - ognuno per cinque si diede da fare
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Una lettera inedita di Di Vittorio al Conte Pavoncelli Ritrovato un manoscritto inedito di Giuseppe Di Vittorio: la lettera in cui si dice costretto, a difesa della sua dignita’ politica, a rifiutare un omaggio natalizio inviatogli dal Conte Giuseppe Pavoncelli.
Il documento è stato inviato dal Conte Stefano Pavoncelli al responsabile del Progetto Casa Di Vittorio, Giovanni Rinaldi. L’occasione è scaturita nell’ambito della visita fatta nell’azienda Santo Stefano (come sopralluogo per individuare possibili location) insieme allo scenografo Luciano Ricceri, che cura le ambientazioni della fiction su Di Vittorio, e a Flavio Tallone, direttore di produzione.
Di seguito la trascrizione del documento, ricevuto via fax:
AMMINISTRAZIONE
CONTE STEFANO PAVONCELLI
CERIGNOLA
Cerignola li’, 21/09/2007
Alla cortese att.ne del Dr. Gianni Rinaldi
Come d’intesa con il conte Stefano Pavoncelli Vi invio copia della lettera a firma Giuseppe Di Vittorio
L’amministratore
”LA FALCE” COOPERATIVA ANONIMA DI PRODUZIONE E LAVORO
Fra Contadini - Muratori ed affini smobilitati
- CERIGNOLA-
li 24 Dicembre 1920
Egregio Sig. Preziuso.
In mia assenza, la mia signora ha ricevuto quel po’ di ben di Dio che mi ha mandato. Io apprezzo al sommo grado la gentilezza del pensiero del suo Principale ed il nobile sentimento di disinteressata e superiore cortesia cui si e’ certamente ispirato.
Ma io sono un uomo politico attivo, un militante. E si sa che la politica ha delle esigenze crudeli, talvolta brutali anche perche’ - in gran parte - e’ fatta di esagerazioni e di insinuazioni, specialmente in un ambiente - come il nostro - ghiotto di pettegolezzi piu’ o meno piccanti.
Io, Lei ed il Principale, siamo convinti della nostra personale onesta’ ma per la mia situazione politica non basta l’intima coscienza della propria onesta’.
E’ necessaria - e Lei lo intende - anche l’onesta’ esteriore.
Se sul nulla si sono ricamati pettegolezzi repugnanti ad ogni coscienza di galantuomo, su d’una cortesia - sia pure nobilissima come quella in parola - si ricamerebbe chi sa che cosa.
Si che, io, a preventiva tutela della mia dignita’ politica e del buon nome di Giuseppe Pavoncelli, che stimo moltissimo come galantuomo, come studioso e come laborioso, sono costretto a non accettare il regalo, il cui solo pensiero mi e’ di pieno gradimento.
Vorrei spiegarmi piu’ lungamente per dimostrarle e convincerla che la mia non e’, non vuol essere superbia ma credo di essere stato gia’ chiaro. Il resto s’intuisce.
Perciò La prego di mandare qualcuno, possibilmente la stessa persona, a ritirare gli oggetti portati.
Ringrazio di cuore Lei ed il Principale e distintamente per gli auguri alla mia Signora.
Dev.mo
Giuseppe Di Vittorio
Cerignola, 1909. La scuola serale, frequentata da braccianti di ogni età, organizzata proprio da Di Vittorio. Riuscì a far avere i libri gratis a tutti
Contadini al lavoro: dipinto di Renato Guttuso
1920. Comizio di Di Vittorio. Le migliaia di lavoratori che lo ascoltano esibiscono con orgoglio cappelli e pagliette ”alla Di Vittorio” che hanno da poco sostituito le ”coppole” tradizionali.
Occupazione delle terre incolte in Sicilia di Renato Guttuso
Perfrancesco Favino: interpreta Di Vittorio
(a cura di alfio.tarullo@libero.it)