Centotré reperti archeologici risalenti a 2.500 anni fa sono stati sequestrati all'interno della Banca Popolare di Bari, dove sono esposti dal 2009 a seguito di un'acquisizione avvenuta in epoca giacobina e che oggi si ritiene non del tutto Legale.
L'operazione è stata eseguita dai Carabinieri del Nucleo Tutela Beni Culturali di Bari - guidati dal colonnello Giovanni Di Bella - per dare esecuzione al decreto di confisca preventiva disposto dalla Procura e dal Gip.
Materiale ceramico, databile alla metà del V secolo a.C. era in mostra nella sala riunioni della sede della banca in corso Cavour. Rimase lì anche dopo che la banca cambiò gestione, ma la nuova gestione non c'entrava nulla con le presunte irregolarità.
La verità risale al 2009, quando l'allora direttore generale chiese al consiglio di amministrazione di approvare una proposta di acquisto della collezione da un privato per 100.000 euro.
La collezione archeologica, sebbene segnalata all'Osservatorio dall'originario proprietario, non ha ancora ricevuto una dichiarazione circa la legalità del possesso.
La pretesa di possedere solo 41 pezzi (tra piatti e ceramiche) risale infatti al 1993, quando la collezione è stata successivamente portata a 103 pezzi, poi ceduti alla Banca Popolare. In mancanza di una rivendicazione di proprietà, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l'intera collezione apparterrà ora allo Stato.
Per questo il giudice delle indagini preliminari ha disposto il sequestro, che è stato eseguito nelle scorse ore presso la sede dell'istituto di credito alla presenza dell'attuale dirigenza.