Tangenti al porto di Brindisi: soldi, pomodori e miele per evitare i controlli doganali

giovedì 12 giugno 2025


BRINDISI – Dieci, venti, cinquanta euro. Ma anche casse di pomodori, grappoli d’uva, vasetti di miele. Bastava poco, secondo gli inquirenti, per far passare un mezzo oltre i controlli doganali del porto di Brindisi senza troppi fastidi. È quanto emerso da un’indagine condotta dalla procura brindisina, coordinata dal pm Luca Miceli, che ha scoperchiato una presunta rete di corruzione tra alcuni finanzieri in servizio al porto e autisti, in gran parte albanesi.

Tre di questi – Ligor Combashi (60 anni), Renato Gudaj (51 anni) ed Eranda Dishani (36 anni) – sono finiti in carcere. Un quarto, Artan Myrto (50 anni), è attualmente irreperibile ed è stato raggiunto da un divieto di dimora a Brindisi. Un altro cittadino italiano, Dario Di Maggio (54 anni, brindisino), finanziere in servizio alla Compagnia Pronto Impiego, è stato sottoposto a obbligo di dimora. Un collega, Gianni Tafuro (54 anni, di Lecce), ha scelto di patteggiare una pena sospesa di un anno e dieci mesi. A piede libero resta un terzo finanziere, S.G. (61 anni, tarantino residente a Galatone).

Un’inchiesta nata per caso
L’indagine ha preso il via nel marzo 2023 da una segnalazione arrivata non da Brindisi, ma dalla procura di Lecco, dove era in corso un altro procedimento. Alcuni nomi emersi nei verbali riguardavano due militari in servizio proprio a Brindisi. Da lì, il pm Miceli ha disposto una serie di perquisizioni nei mesi successivi e l’avvio di intercettazioni e controlli video, soprattutto nell’area del porto.

Le telecamere hanno documentato diversi scambi sospetti: mazzette infilate nelle carte d’identità, bottigliette, o passate direttamente di mano in mano. Tra luglio e ottobre 2023, sono stati raccolti elementi su almeno venti episodi sospetti. In uno dei dialoghi captati, uno degli indagati afferma: «Con pochi euro in contanti un albanese può corrompere ovunque». Parole che, secondo il giudice per le indagini preliminari Vittorio Testi, riassumono bene il contesto.

Tangenti e regali: una corruzione “artigianale”
Non si sarebbe trattato di una rete strutturata o di un patto stabile tra i finanzieri coinvolti. Piuttosto, ciascuno avrebbe agito per proprio conto, al massimo mantenendo una sorta di “patto di non belligeranza”, evitando di ostacolarsi a vicenda.

La corruzione si sarebbe quindi consumata in modo discreto ma sistematico: ogni autobus o furgone in arrivo poteva rappresentare l’occasione per un guadagno facile. E chi non aveva contanti, si arrangiava con ciò che aveva: ortaggi, frutta, miele.

Le difese e gli interrogatori
Il 17 aprile 2025 si sono svolti gli interrogatori di garanzia. Gli indagati hanno provato a ridimensionare le accuse, sostenendo che i controlli, seppur veloci, sarebbero stati comunque eseguiti. Nessuno, a loro dire, avrebbe mai richiesto esplicitamente denaro. Ma per la procura la sequenza di episodi, la presenza di immagini video e i dialoghi intercettati raccontano un’altra storia.

Gli avvocati coinvolti sono: Francesco Monopoli (per Di Maggio), Gianvito Lillo (per Tafuro), Marcello Salamina (per i cittadini albanesi) e Laura Mimosi (per S.G.). La posizione disciplinare di S.G. è aggravata anche dalla richiesta di pensionamento avanzata subito dopo le perquisizioni, che però l’indagato ha detto essere “del tutto scollegata” dai fatti contestati.

Un'indagine ancora aperta
Le indagini preliminari non sono concluse. Gli indagati restano tali e, come sottolineano fonti giudiziarie, le accuse potrebbero essere confermate, modificate o archiviate. Resta però un dato: in un luogo nevralgico come il porto di Brindisi, da mesi si sospetta che i controlli doganali siano stati almeno in parte elusi con offerte in denaro o piccoli favori alimentari. 

- Immagine di repertorio -

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